Menzione speciale

Per aver fatto intuire visivamente l’indissolubile collegamento tra uomo e natura senza ricorrere a metafore o allegorie, ma attraverso puri strumenti linguistici e disciplinari, quali il mimetismo del segno grafico.

L'opera

Radici è un’opera che, attraverso una tecnica primaria come il disegno a grafite, traccia e rintraccia presenze umane all’interno di un paesaggio naturale diradato, poco definito, quasi inafferrabile.
Il lavoro è impostato sulla messa in scena di figure ambigue, che entrano in relazione tra loro attraverso uno sguardo deciso, e con la natura circostante, perdendosi e confondendosi con essa.
In quest’epoca storica, il nostro sguardo e la relativa percezione della realtà circostante stanno subendo un forte processo di trasformazione regressiva. I dispositivi tecnologici con cui ogni giorno, a ogni ora, entriamo in contatto, distolgono i nostri occhi dal mondo reale e lo proiettano sugli schermi luminosi che creano realtà parallele, attivando cortocircuiti visivi, relazionali e conoscitivi.
Siamo sempre più disattenti, distratti. Non osserviamo più con lo stesso trasporto, la stessa sensibilità del recente passato.
Sono convinto però che l’arte sia l’unico antidoto a questa regressione.
Il mio lavoro più recente si articola intorno a una ricerca che parte dalla scelta tecnica del disegno a grafite, che non funge da supporto o bozzetto progettuale, ma che assume una propria autonomia costituendo il corpo definitivo dell’opera.
Tuttavia il disegno in quanto tale mantiene concettualmente il suo carattere aleatorio.
La scelta del mezzo espressivo è cruciale, proprio perché il disegno in qualche modo rappresenta perfettamente l’idea di un nuovo inizio.
Radici è un’opera molto intima e personale, che invita a uno sguardo attento e approfondito per essere colta nella sua interezza. Invito che nasce da un’esigenza innanzitutto personale, ma che si estende al mondo che mi circonda. L’obiettivo è quello di far soffermare il fruitore sul quadro per cogliere ogni segno, ogni presenza poco evidente, per fare così resistenza attraverso l’arte, per cercare di rallentare i ritmi di una visione che sta sempre più regredendo sul piano dell’attenzione a causa del sovraccarico di stimoli provenienti di continuo dagli schermi dei dispositivi tecnologici e dalle interfacce multimediali. In ultima analisi, il soggetto del quadro è centrale nella concezione del lavoro. Si tratta di fatto di esseri umani che sono fermi, immobili, quasi in contemplazione, all’interno di un bosco, della natura. Il paesaggio acquisisce così un’aura solenne e da rispettare. Una situazione impossibile, paradossale, direi anche utopica, considerando gli sviluppi ambientali tragici attuali, che apre diverse strade interpretative.

Anno

2023

Tipologia

grafite su tela

Dimensione

cm 150 × 200

L'artista

Massimo Pugliese

Nasce nel 1999 ad Alberobello (BA) e fino al 2019 ha vissuto in Puglia dove ha conseguito il diploma presso il Liceo artistico di Monopoli.
Trasferitosi a Milano, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera dove attualmente frequenta il biennio specialistico di Pittura. Il suo lavoro si costruisce attorno a un linguaggio pittorico che si serve di tecniche, materiali e supporti tradizionali: punta d’argento, grafite, inchiostri, matite colorate sono sfruttati in tutte le loro possibili declinazioni timbriche e segniche.
Il risultato sono opere che di fatto appaiono come disegni, che non sono preparatori o progettuali, ma autonomi. Essi costituiscono il punto d’arrivo della costruzione dell’immagine volutamente poco definita, inafferrabile e che necessita di un’osservazione attenta e prolungata. Un’inversione di tendenza, che si allontana da quell’estetica d’impatto e aggressiva imperante nel contemporaneo, in favore di un’idea di pittura riflessiva e meditativa.